Data di pubblicazione: 8 ottobre 2019
Ennesima vittima dei bulli e scatta nuovamente l’allarme bullismo. Tutti ne parlano, pronti per approvare la legge contro il bullismo per punire anche penalmente chi commette questo tipo di comportamenti per cui migliaia di bambini e adolescenti continuano a soffrire e subire angherie tra i banchi di scuola.
“Muore per colpa dei bulli”, si legge spesso nei giornali, “adesso sarete contenti” scrive lei rivolgendosi ai suoi aguzzini.
Istigazione al suicidio? Cosa scatta nella testa di una creatura per arrivare a semplicemente pensare di farla finita quando ancora non è iniziata?
Quello che uccide del BULLISMO è la costanza e la ripetitività. NON è uno scherzo anche pesante che ha una fine, che fa arrabbiare ma che finisce lì. NON è una litigata tra amici o compagni per una motivazione specifica. È una presa di mira CONTINUATIVA, senza un valido motivo, per l’aspetto fisico, per un tratto caratteriale, per una abitudine, perché considerati diversi o “sfigati”. Un bersaglio, spogliato della sua umanità, un oggetto dei divertimenti su cui scaricare la propria frustrazione, rabbia, mancanza di empatia e ricerca di un ruolo, quello del bullo. È facile prendersela con chi è più debole psicologicamente, con chi è più sensibile, considerato più fragile, con chi ha emozioni e sentimenti e NON riesce a farsi scivolare addosso tutta questa crudeltà completamente gratuita.
Molti bambini e adolescenti vittime di questi carnefici non capiscono il perché, chiedono spesso perché i bulli non si rendano che gli stanno facendo del male, perché si accaniscono contro di loro e che cosa hanno di sbagliato per subire tutto questo. È lì, è in quel momento che scatta l’allarme, si diventa una vittima passiva, ci si identifica in quel ruolo, ci si incastra in tunnel troppo scuro, senza via d’uscita perché ci si sente soli contro i bulli. Arriva il momento che tutto questo diventa troppo pesante e si arriva a pensare che l’unica via d’uscita sia il SUICIDIO.
Per troppi bambini e adolescenti la scuola diventa una PRIGIONE, c’è un rifiuto della scuola per paura di quello che possa succedere durante l’orario scolastico. L’aspetto che fa più male alle vittime è l’atteggiamento omertoso dei compagni che ridono, chi espressamente, chi in maniera silente, delle prese in giro dei bulli. L’OMERTÀ uccide più del comportamento diretto, perché non si capisce come i compagni possano approvare tutto questo.
Se parliamo di cyberbullismo, video e foto e insulti e quant’altro che vengono inviati via chat, sui social si può osservare come nessuno si dissoci per paura di mettersi dalla parte del più debole. Nessuno che prende il coraggio e dice “adesso basta!”. Se tutti i compagni dicessero basta il bullo sarebbe in minoranza, sarebbe spogliato del suo ruolo e quindi arginato.
La scuola si deresponsabilizza facendo qua e là qualche intervento anti-bullismo in cui in genere viene fatta una paternale ai ragazzi su ciò che è giusto e ciò che non è giusto fare, che entra da un orecchio ed esce dall’altro. Gli si consegna opuscoli che vengono buttati perché parliamo della e-generation a cui bisogna parlare attraverso il digitale.
Gli insegnati non sono formati e soprattutto NON sono obbligati a formarsi su queste problematiche e NON sono in grado di riconoscere i segnali per arrivare prima che succedano le tragedie. Li definiscono scalmanati, classi difficili e in mezzo a queste problematiche c’è qualcuno che soffre nel suo silenzio e nella sua solitudine.
Perché non parlano con gli insegnanti? Perché hanno paura delle reazioni spesso esagerate e punitive che gli si possono ritorcere contro incrementando l’odio da parte dei bulli.
La famiglia ha un ruolo fondamentale. I genitori devono informarsi, devono conoscere nel dettaglio quali possono essere le problematiche a cui un figlio può andare incontro, quali sono i segnali da un punto di vista emotivo e comportamentale di un disagio. Prima si riconoscono prima si interviene.
I genitori non si devono fermarsi ad un apparente dialogo con i figli che spesso hanno paura di creare un problema e di far soffrire il genitore troppo coinvolto nella gestione delle problematiche quotidiane e di non essere pienamente compresi. L’errore più frequente di una madre e di un padre è di sottovalutare una comunicazione del figlio e di considerarla come un problema normale tra ragazzi e della crescita. Mai sottovalutare e neanche andare in iper-allarme. Anche le reazioni eccessive spaventano i figli che eviteranno di parlare.
Quali sono i segnali a cui stare attenti?
Attenzione ai cambiamenti di umore, alle scuse frequenti per non andare a scuola, ad una maggiore chiusura e mancanza anche di voglia di uscire. Attenti ai brutti sogni, al mal di pancia, al mal di testa e alle malattie un po’ più frequenti, a volte ciò che non si riesce a dire a parole lo si racconta con il corpo. Non sottovalutate un cambiamento nel rendimento scolastico, problemi con le amicizie, un po’ più di chiusura, attenzione ai loro comportamenti e soprattutto al non verbale. Non sono campioni di comunicazioni dirette ma in maniera indiretta esprimono il proprio dolore e la propria sofferenza. Monitorate ogni tanto i movimenti online ed i social network che spesso raccontano la loro vita e le loro emozioni.
Non lasciateli solo a combattere una lotta contro i bulli perché rischiano di perdere, di non farcela e di rinunciare a combattere.