PsicPsicoterapia e denaro – la parcella del terapeuta e le fantasie ad esso connesse. – pubblicato 31.08.2019
Il tema del pagamento in terapia rientra in quello più ampio del setting ed è stato trattato seriamente dal punto di vista teorico a partire dagli albori. Freud ha introdotto il principio del “noleggio dell’ora” come strumento necessario, in quanto “senza di che le resistenze dell’inconscio troverebbero una sin troppo facile via di scarica”.
La presenza di un onorario non soltanto introduce nel rapporto terapeutico dei significati, ma investe anche aspetti legati al principio di realtà, individuali e sociali. La psicoterapia é un’attività professionale e, in quanto tale, possiede una dimensione concreta, di cui gli aspetti legati alla transazione del denaro fanno parte.
Lo psicologo dipende dalla sua attività professionale per guadagnarsi da vivere, ma immaginare che la dimensione economica del rapporto non influisca sullo spazio relazionale e sulla terapia è quanto meno ingenuo. In questa dimensione idealizzata – a volte fantasticata da alcuni pazienti che chiedono primi colloqui o addirittura terapie gratuite in virtù dell’idea che se al terapeuta importasse “veramente” di loro non chiederebbe del denaro per aiutarli – sarebbe impossibile elaborare tutta l’importantissima area simbolica delle dipendenze e delle controdipendenze, ma allo stesso modo ci si scontrerebbe con l’impossibilità di compiere un trattamento psicoterapeutico se la dipendenza del terapeuta dai pazienti per il proprio sostentamento fosse eccessiva. Per tale motivo terapie a basso costo non solo sono sintomatiche di un professionista che non ha i fondi da investire sulla formazione continua – attività fondamentale – ma sono anche lesive del benessere del paziente in quanto generano una elevata dipendenza del terapeuta dai pazienti, relativamente al proprio sostentamento economico.
Non vi è dubbio che il denaro, ad esempio la voglia di guadagnare da parte del terapeuta e di risparmiare da parte del paziente, sia una questione legata a emozioni e motivazioni che possono anche essere importanti. Una giusta parcella, che sia sostenibile da entrambe le parti in causa, garantisce il setting e permette di instaurarsi della dipendenza e contro dipendenza del paziente ma non implica in dinamiche personali il terapeuta, mantenendo – passate la metafora – il “campo operatorio” sterile.
Il pagamento della terapia, equo in base a quanto professionalmente formato il terapeuta e in base al Tariffario Nazionale, sostenibile in base alla situazione sociale attuale, permette che vi sia un riconoscimento da parte del paziente che ciò che sta ricevendo è una prestazione professionale e nella relazione garantisce un equo scambio. Il terapeuta infatti mette a disposizione la propria competenza teorico-professionale, il paziente mette a disposizione la propria competenza su di sè ed insieme si lavora per giungere agli obiettivi concordati. Senza questo equo scambio non c’è terapia ma una reciproca manipolazione disfunzionale in primis al paziente e una non eticità del terapeuta.
Inoltre, la questione del denaro viene proficuamente utilizzata per comprendere dinamiche sia del paziente sia del terapeuta, e si noti che il denaro è un aspetto tra i tanti che possono rientrare nel lavoro terapeutico in senso lato, infatti il terapeuta riflette ugualmente, ad esempio, sulla durata della seduta, ritardi, anticipi, spostamenti etc. etc.
Tutto diviene quindi terapeutico, anche le aspettative magiche che il paziente ha di ricevere qualcosa di cui sente il bisogno ma che pensa di aver “diritto” in base alla sua storia personale, di dover avere gratuitamente o a basso costo. Riconoscere ed accettare il valore di ciò che si riceve in terapia, uscendo dalla pretesa infantile, è già il primo passo verso il cambiamento e il benessere personale e mentale.