Disturbo dissociativo di identità

Disturbo dissociativo di identità

È presente un’amnesia che comporta l’incapacità di ricordare importanti informazioni personali correlate ad alcune delle identità. L’amnesia non è uniforme in tutte le personalità; ciò che è sconosciuto a una personalità può essere noto a un’altra. Alcune personalità sembrano conoscere le altre e interagire con esse in un elaborato mondo interiore. Per esempio, alcune personalità di cui la personalità A è inconsapevole possono essere a conoscenza della personalità A e sapere ciò che fa, come se osservassero il suo comportamento. Altre possono essere inconsapevoli della personalità A oppure esserne a conoscenza, ma non avere contemporaneità di coscienza (la consapevolezza simultanea degli eventi da parte di più di una personalità) con essa.

Il disturbo dissociativo dell’identità è grave e cronico e può condurre a disabilità e invalidità. È associato a un’elevata incidenza di tentativi di suicidio ed è ritenuto il disturbo mentale con maggiori probabilità di esito in suicidio.
Numerosi studi mostrano che un disturbo dissociativo dell’identità precedentemente non diagnosticato è presente nel 3-4% dei pazienti psichiatrici acuti ospedalizzati e in una minoranza ragguardevole dei pazienti nelle strutture per il trattamento dell’abuso di sostanze psicoattive. Sembra sia abbastanza comune, essendo stato diagnosticato in maniera crescente negli ultimi anni in ragione della sua aumentata conoscenza, del miglioramento dei metodi diagnostici e della migliore conoscenza del maltrattamento infantile e delle sue conseguenze. Sebbene alcuni esperti ritengano che l’aumento del riscontro di questo disturbo rifletta l’influenza dei medici su pazienti suggestionabili, nessuna evidenza certa avvalora questa opinione.
I pazienti spesso presentano un corteo sintomatologico che può somigliare ad altri disturbi neurologici e psichiatrici, come disturbi d’ansia, disturbi di personalità, disturbi schizofrenici e affettivi e disturbi convulsivi. La maggior parte ha sintomi di depressione, manifestazioni d’ansia (sudorazione, tachicardia, palpitazioni), fobie, attacchi di panico, sintomi fisici, disfunzioni sessuali, disturbi del comportamento alimentare e disturbi post-traumatici da stress. I pensieri e i tentativi di suicidio sono comuni, così come gli episodi di automutilazione. Molti soggetti hanno fatto abuso di sostanze psicoattive per un certo periodo.

L’alternarsi delle personalità e le barriere amnestiche esistenti tra esse spesso determinano un caos esistenziale. Poiché le personalità spesso interagiscono tra loro, i pazienti con disturbo dissociativo dell’identità spesso riferiscono di sentire delle conversazioni interne e le voci delle altre personalità, che spesso fanno commenti sul paziente o gli si rivolgono direttamente. Le voci sono vissute come allucinazioni.
Diversi sono i sintomi caratteristici del disturbo dissociativo dell’identità:

  • quadri sintomatologici fluttuanti;
  • livelli di funzionamento altrettanto fluttuanti, da quello elevato all’invalidità;
  • cefalee gravi o altri dolori somatici;
  • distorsioni e lacune temporali, amnesie;
  • depersonalizzazione e derealizzazione.

Il termine depersonalizzazione si riferisce alla sensazione di irrealtà, di estraniazione dal proprio sé e di distacco dai propri processi fisici e mentali. Il paziente ha la sensazione di osservare dal di fuori la propria esistenza e può realmente vedere se stesso come se stesse guardando un film. Il termine derealizzazione si riferisce all’esperienza di percepire le persone e l’ambiente circostante, altrimenti familiari, come se fossero sconosciuti, strani o irreali.
I soggetti con disturbo dissociativo dell’identità vengono spesso a conoscenza delle cose che hanno fatto, ma non ricordano dei notevoli cambiamenti nel loro comportamento. Possono scoprire oggetti, produzioni o scritti che non possono spiegare o riconoscere; possono riferirsi a se stessi in prima persona plurale (noi) o in terza persona (lui, lei, loro); possono avere amnesia per gli eventi accaduti tra i 6 e gli 11 anni. L’amnesia per gli eventi precoci è normale e diffusa.
Poiché il disturbo dissociativo dell’identità tende a somigliare ad altri disturbi psichiatrici, i pazienti di solito raccontano di avere ricevuto tre o più diverse diagnosi psichiatriche e di fallimenti terapeutici precedenti. Complessivamente, sono molto preoccupati per problemi di controllo, sia di autocontrollo che di controllo degli altri.
I sintomi vanno e vengono spontaneamente, ma il disturbo dissociativo dell’identità non guarisce altrettanto spontaneamente. I farmaci aiutano a gestire sintomi specifici, ma non incidono sul disturbo di per sé.

Tutti i trattamenti di provata efficacia che mirano a conseguire l’integrazione, comportano una psicoterapia indirizzata specificamente al disturbo dissociativo dell’identità. Alcuni pazienti sono incapaci di perseguire l’integrazione, o restii a farlo. Per loro, il trattamento deve mirare a facilitare la cooperazione e la collaborazione tra le personalità, e a ridurre i sintomi. Questo trattamento è spesso difficile e doloroso; inoltre tendono a presentarsi numerose crisi, come conseguenza degli atti delle diverse personalità e della disperazione del paziente, quando affronta i ricordi traumatici.
Uno o più ricoveri psichiatrici possono essere necessari ad aiutare alcuni pazienti in periodi particolarmente difficili, e durante l’elaborazione di ricordi particolarmente dolorosi. L’ipnosi viene spesso usata per facilitare l’accesso alle personalità e la comunicazione tra di esse, nonché per stabilizzarle e interpretarle. Viene usata anche per discutere i ricordi traumatici e per diluire il loro impatto. La desensibilizzazione e il ricondizionamento dei movimenti oculari (Eye Movement Desensitization and reprocessing, EMDR), applicati con cautela, sono un ausilio utile. La EMDR cerca di elaborare i ricordi traumatici, e di sostituire con pensieri positivi i pensieri negativi su se stessi, associati a questi ricordi.
Generalmente sono necessarie due o più sedute psicoterapiche a settimana, per un periodo da 3 a 6 anni, per integrare le personalità o per ottenere una armoniosa interazione tra esse, che consenta un funzionamento normale in assenza di sintomi. L’integrazione delle personalità è l’esito più desiderabile.
La psicoterapia ha tre fasi principali.
Nella prima fase, la priorità è la sicurezza, la stabilizzazione e il rafforzamento del paziente, in vista del difficile lavoro di elaborazione del materiale traumatico e di gestione delle personalità problematiche. Il sistema di personalità viene esaminato e descritto allo scopo di pianificare il resto del trattamento.
Nella seconda fase il paziente viene aiutato a elaborare gli episodi dolorosi del suo passato, e a sostenere il dolore per le perdite e le altre conseguenze negative del trauma. Quando vengono individuati i motivi delle restanti dissociazioni del paziente, la terapia può entrare nella fase finale, in cui i sé del paziente, le sue relazioni e il suo funzionamento sociale possono essere ricollegati, integrati, e riabilitati. Un certo grado di integrazione si verifica spontaneamente, ma la gran parte deve essere incoraggiata parlando con le diverse personalità e organizzandone l’unificazione, oppure deve essere facilitata attraverso l’immaginazione e la suggestione ipnotica.
Acquisita l’integrazione, i pazienti continuano il trattamento per far fronte ad alcune questioni che possono non essere state risolte. Allorché il trattamento post-integrazione appare completo, le visite presso il terapeuta vengono diminuite, ma di rado vengono completamente sospese. I pazienti arrivano a considerare lo psicoterapeuta come una persona che può aiutarli a gestire i propri problemi psicologici, allo stesso modo in cui hanno bisogno periodicamente dell’assistenza del medico di base.