Quando la coppia è in crisi. Come risanare la relazione cambiando la comunicazione
La coppia è un sistema complesso, non la semplice somma di due individui.
Una coppia è definita tale quando, a prescindere dal genere e dallo stato giuridico, condivide i seguenti tre ambiti:
-affettivo-emotivo;
– sociale;
– sessuale.
La crisi subentra quando almeno uno di questi ambiti inizia a essere carente o assente.
Non si tratta invece di una vera crisi se tale carenza o assenza è solo momentanea e/o dovuta ad un breve periodo stressante.
Come ben ci rendiamo conto, i partner di una coppia non restano sempre nella fase di innamoramento, ma conoscendosi più a fondo smettono di idealizzarsi a vicenda e iniziano a guardare l’uno all’altro in modo più realistico.
Vivere sotto lo stesso tetto per anni, li porta a condividere tempi e spazi che possono far percepire loro un certo senso di soffocamento, di invadenza, di voglia di fuggire via dalla relazione.
Le seguenti fasi: divenire genitori, affrontare l’adolescenza dei figli, sopportare l’effetto del nido vuoto, i problemi sessuali, o situazioni come un’ eventuale infertilità, oppure una malattia grave del partner, sono tutte fasi che modificano i rapporti di coppia e possono farla entrare in crisi.
Passiamo sinteticamente in rassegna le fasi citate.
-La fase di innamoramento conduce ad una idealizzazione dell’altro. Quando ci si conosce più intimamente, nasce una visione più realistica del partner, in cui si notano caratteristiche che possono anche non piacere. Questo processo genera una crisi, se c’è una delusione elevata rispetto all’idillio iniziale.
-La vita insieme sotto lo stesso tetto implica una condivisione di tempi e spazi assai più elevata. Condizione che può scatenare in alcuni sensazioni di “perdita della propria indipendenza”, di “legame che soffoca”.
-L’arrivo del primo bambino, che porta a divenire genitori, irrompe nel rapporto di coppia con i suoi bisogni. Questo è un cambiamento nella vita di coppia a carattere irreversibile, che continuerà a produrre i suoi effetti man mano che il figlio cresce. La coppia ha la necessità di trovare un nuovo equilibrio, diverso da quello della vita a due.
-Lo stress nel seguire il periodo di adolescenza dei propri figli è una fase della vita che mette in discussione gli equilibri familiari e di coppia.
-Quando i figli lasciano la casa natale (effetto nido vuoto) per costruire una propria vita indipendente, la coppia si ritrova a vivere nuovamente nella sola dimensione a due, cui potrebbe in qualche modo essersi disabituata, specie se i due partner hanno investito unicamente sul loro ruolo genitoriale a discapito della loro relazione di coppia.
I problemi nella sfera sessuale assumono forme, significati e conseguenze diverse all’interno della coppia.
-Eventuali problemi di infertilità vissuti anche attraverso i percorsi di procreazione medicalmente assistita, le angosce, le delusioni e il senso di inadeguatezza, possono irrompere nel rapporto tra i partner.
-Una malattia grave del partner può sviluppare modificazioni sostanziali dei delicati equilibri di coppia, che disorientano i partner rispetto al loro modo di relazionarsi prima della malattia.
Per una buona riuscita della terapia di coppia, occorre lavorare su entrambi i partner, con modalità e tempi che possono essere flessibili.
Nella coppia sofferente sono in crisi la relazione e la comunicazione tra i suoi membri.
Quando questi si presentano insieme per farsi aiutare, come primo obiettivo, si individuano le loro risorse (il sentimento che li lega, le rispettive capacità e conoscenze che hanno usato e con le quali hanno fatto durare la relazione fin ora..) allo scopo di risolvere i conflitti in corso.
La coppia entra in crisi quanto va avanti in modo disfunzionale ovvero con modalità di comunicazione e reazione ridondanti che generano problemi in apparenza insormontabili.
Nella coppia in crisi viene a mancare la capacità dei membri di definirsi come persone l’uno rispetto all’altro e di definire la relazione.
Alcune volte la coppia ricorre allo psicologo solo per acquisire consapevolezza rispetto ad un cambiamento nelle proprie dinamiche interne, in momenti di vita cruciali (nascita di un figlio, cambio di lavoro, etc..).
Nella coppia che scoppia emergono alcuni di questi aspetti:
-almeno un membro sta male e l’altro non se ne accorge;
– si litiga spesso;
– la sfera sessuale è bloccata o quasi;
– i membri della coppia subiscono intrusioni dalle rispettive famiglie d’origine/amici;
– una lotta continua a prevalere sull’altro.
La coppia è spesso stressata e torna a casa dal lavoro senza trovare modo di rilassarsi. Alcuni aspetti della vita di relazione che dovrebbero essere un piacere, diventano un dovere e portano al litigio.
Se la comunicazione tra i due partner è caratterizzata per lo più da: recriminazioni, rinfacci, prediche reciproche, puntualizzazioni, evitare di parlarsi per non litigare, allora siamo di fronte ad uno scambio comunicativo disfunzionale.
Ma vediamo nel dettaglio gli aspetti della comunicazione disfunzionale tipica di una coppia che usa un dialogo fallimentare.
“Per imparare a dialogare strategicamente con il nostro partner, il primo passo sarà individuare tutti i modi sicuri per fallire nel nostro intento.”(Tratto da “Correggimi se sbaglio” di G.Nardone)
Tutti noi conosciamo cosa sia la tendenza a puntualizzare. Un partner molto preciso, può avere la tendenza a puntualizzare le situazione e le condizioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro, per tenere sotto controllo e programmare bene la relazione. Se tale modo di fare diventa ridondante, invece di risolvere i problemi, li alimenta. Questo perché è molto fastidioso sentirsi spiegare come stanno i fatti e come dovrebbero essere per funzionare meglio.
Trattare un rapporto sentimentale in modo troppo razionale lo rende freddo..
Un secondo aspetto del dialogo fallimentare è il recriminare. L’atto comunicativo del recriminare, ossia sottoporre il partner a un processo in cui vengono puntualizzate le sue colpe, per quanto possa apparire una forma di legittima chiarificazione, tende a produrre nell’accusato reazioni emotive di ribellione.
Tra noi essere umani non conta solo quello che diciamo, ma anche come lo diciamo. Il partner che subisce recriminazioni si sente sotto accusa e sente il forte bisogno di fuggire..e quasi si percepisce innocente rispetto alla grinta esagerata con la quale gli viene recriminato un errore.
Se recriminiamo spesso i suoi errori, diventiamo sgradevoli ai suoi occhi.
Un terzo elemento di un dialogo disfunzionale consiste nel rinfacciare.
Rinfacciare è un atto comunicativo che induce ad esacerbare invece che a ridurre ciò che vorrebbe correggere. Colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro e, da questa posizione di dolore, usa la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata.
Ma il partner accusato si indispone e raramente cambia comportamento.
Più rinfacciamo lungamente qualcosa al nostro compagno, più egli tenderà ad indisporsi e a ripetere il suo errore, senza che le cose cambino.
Un quarto ingrediente molto nocivo alla relazione è il predicare.
Il predicare ricorda le modalità di un sermone religioso.
La struttura del fare la predica è il proporre ciò che è giusto o ingiusto a livello della morale e, sulla base di ciò, esaminare e criticare il comportamento altrui. Ma questo fa venire la voglia in chi non ce l’ha, di trasgredire alle regole morali poste a fondamento della predica stessa.
Nella predica si possono trovare anche i precedenti elementi del dialogo disfunzionale.
Un altro conosciutissimo aspetto di un dialogo che non funziona è l’uso del <<Te lo avevo detto!>>
Questo uso frequente può provocare l’irritamento e l’allontanamento del partner.
E’ un solo atto comunicativo, ma basta a indisporre e a portare al litigio.
Esistono varianti della frase in questione, ma comunque producono lo stesso una sensazione di forte incomprensione.
Finisce allora che la nostra rabbia per qualcosa in cui abbiamo sbagliato andiamo a dirottarla verso il nostro partner.
Un’altra sentenza molto usata e che porta alla furia del partner è la frase: <<Lo faccio solo per te!>>
Questa frase non è funzionale al rapporto perché l’aiuto non è stato richiesto, eppure ci deve pure ringraziare per riceverlo.
Un’altra frase pessima e che può essere percepita dal partner come se gli dicessimo che egli è incapace in qualcosa in cui noi invece riusciamo, è la seguente: <<Lascia…faccio io!>>
Un ultimo aspetto del dialogo fallimentare, forse uno dei meno sopportabili è il biasimo.
Si tratta di una sequenza rappresentata da una prima parte nella quale ci si complimenta con l’altro e una seconda parte nella quale si afferma che però avrebbe potuto fare di meglio, di più o che ciò non è abbastanza.
Come abbiamo potuto capire, tutte le parti del dialogo disfunzionale non fanno che favorire un circolo vizioso in cui poi la coppia si intrappola da sola e da cui non riesce ad uscire se non con l’aiuto di un esperto.
Di fronte alla coppia in crisi bisogna educare i partner all’uso di una comunicazione studiata per ristabilire una sana relazione nonché un’intimità soddisfacente fra di essi, lì dove manchi.
La terapia breve-strategica utilizza sedute in coppia e sedute con i partner separati.
L’esperto guida la coppia a riappropriarsi di quei sentimenti che si erano assopiti.
Invece, nei casi in cui la coppia non abbia più nulla da ricostruire, li conduce a prendere coraggio di scegliere la separazione.
Ma torniamo al dialogo disfunzionale che rovina la relazione.
Cosa si potrebbe fare invece di puntualizzare, recriminare, rinfacciare, predicare, biasimare e usare frasi che sminuiscono il partner?
Come si può cambiare un dialogo che non funziona?
Innanzi tutto, invece che affermare qualcosa che può essere interpretato male dal compagno, conviene prima domandare.
“Se vuoi ottenere, inizia con il domandare piuttosto che col proporre.”
Le domande che di solito ci scambiamo non devono essere provocatorie; solo così si potrà creare un clima collaborativo tra gli interlocutori.
Conviene chiedere verifica piuttosto che sentenziare, cioè conviene chiedere conferma alle risposte ricevute in seguito alle domande proposte, anziché azzardare giudizi sul partner, mentre magari non abbiamo capito le sue azioni cui ci riferiamo nella predica.
Un’altra cosa da fare in un buon dialogo è evocare piuttosto che spiegare, cioè saper toccare le emozioni del nostro interlocutore ancor prima che influenzare le sue capacità cognitive.
Altri stratagemmi possono essere appresi, durante una terapia di coppia.
Un altro ingrediente di un dialogo si successo è agire piuttosto che pensare, nel senso seguente:
se un accordo che abbiamo costruito non viene trasformato in piani di azione, la sua capacità di realizzarsi è quasi nulla, mentre se a un accordo seguono una serie di azioni concordate assieme, è probabile che quanto progettato diventi realtà.
Se vogliamo divenire costruttori consapevoli del nostro universo dobbiamo vigilare sulle modalità relazionali che utilizziamo quotidianamente.
Se usiamo un modello di relazione orientato all’incontro piuttosto che allo scontro, al dialogo piuttosto che al dibattito, ciò cambierà il rapporto tra noi e le persone che frequentiamo.
Nel comunicare impariamo a metterci nella prospettiva dell’altro sino a ritenerla ragionevole e ci addestriamo alla tolleranza e al rispetto dell’altro. Esercitandoci all’elasticità mentale, impariamo a vedere le cose da prospettive diverse.
Se ci alleniamo ad utilizzare un atteggiamento placido verso il nostro partner, impariamo a tenere a bada i nostri impulsi aggressivi.
Nel percorso di trattamento della coppia, è possibile apprendere l’uso di tecniche per una comunicazione funzionale, tecniche che portano ad un miglioramento personale, risanano la relazione con il partner e che funzionano anche nella comunicazione con altri interlocutori.