Data di pubblicazione: 28 ottobre 2019
24 OTT – Gentile Direttore,
ho letto l’articolo riguardante la relazione congressuale del presidente nazionale del sindacato Snami, apparso sulla vostra testata. Del presidente Snami, mi ha particolarmente colpito l’affermazione: “Ma vogliamo dirlo che dello psicologo dentro i nostri studi non sappiamo cosa farcene?“
Non credo che il leader del secondo più rappresentativo sindacato nazionale dei medici di famiglia non sappia che vi sono tanti nostri colleghi (anche aderenti alla sua organizzazione) che hanno sperimentato l’interazione professionale con lo psicologo, nel proprio studio, da nord a sud del Paese. E, da nord a sud, tutti si sono detti entusiasti dei risultati raggiunti; in termini di opportunità e necessità di detta interazione professionale, di qualità dell’assistenza erogata e gradimento da parte degli assistiti.
Per non parlare, poi, del miglioramento dell’appropriatezza nella prescrizione di farmaci ed esami diagnostici e del sollevamento del medico da un carico di lavoro immane e, possiamo, questo si, dirlo, devastante. Un carico di lavoro improprio che i Medici di Famiglia, quelli che, quotidianamente, si recano a lavorare, “certi dell’orario in cui entrano nel proprio ambulatorio e mai certi dell’orario in cui vi usciranno”, sono, ormai, da anni, costretti a sobbarcarsi; poiché è ben noto a tutti coloro che fanno questo lavoro, quanto il malessere psicosociale della gente sia enormemente aumentato e cerchi sfogo, risposte e sollievo, sempre più, dinanzi al proprio Medico di Famiglia. Spesso, unica figura, nell’ambito del SSN, disponibile ad ascoltare e su cui poter fare affidamento. Ma oggi, cosa può garantire da solo, dinanzi ad una simile richiesta d’aiuto, il Medico di Medicina Generale?
Un sostegno psicologico, un supporto specifico, dedicato e adeguato, alle persone che non hanno una patologia psichiatrica diagnosticata, vera e propria, ma semplicemente un disagio profondo, un malessere interiore, un momento di difficoltà, a causa del peso dei problemi e delle vicende a cui la vita tutti espone, deve poter essere garantito ad ogni cittadino; anche a coloro che non possono permetterselo economicamente e deve poter essere usufruibile facilmente e tempestivamente; ciò può essere solo nello studio del Medico di Famiglia. E il Medico di Famiglia moderno deve poter assurgere al ruolo di guida e di pilastro, nella molteplicità dell’offerta delle cure primarie territoriali, anche sotto questo aspetto. Ecco qualche esempio dell’opportunità e necessità che si diceva.
A tutti può accadere di scoprire, “un bel giorno”, di avere un cancro (può essere anche per il coniuge o un figlio); situazione che stravolge, improvvisamente, la vita ed espone al dover affrontare, con una forza che non tutti hanno, interventi chirurgici, chemioterapie, radioterapie, controlli ecc.; traumi per separazioni e divorzi; problemi di coppia, impotenza; dissidi familiari, specie tra genitori e figli (con tutte le devianze che conosciamo); soggetti costretti a convivenze difficilissime e psicologicamente devastanti, con familiari che hanno gravi patologie croniche, magari queste si, di tipo psichiatrico, o conviventi con malati di M. di Alzheimer o con anziani dall’assistenza complessa e sfiancante; uomini di mezza età, nel pieno della propria capacità lavorativa, che vengono improvvisamente licenziati e perdono l’equilibrio, la dignità e la forza per reagire; inoltre, tutte quelle situazioni che portano alle più svariate forme di psicosomatizzazione e che creano abuso di farmaci antinfiammatori, antidolorifici, antispastici, ansiolitici, sedativi, ipnoinducenti, integratori, ricostituenti ecc. ; per non parlare dell’esposizione a radiazioni, per esami radiologici inutili; e tanto, tanto altro ancora. Si tenga conto dei costi di tutto questo, a carico del SSN e del cittadino.
C’è poi l’aspetto della prevenzione.
Se il compito principale del Medico di Medicina Generale è quello della prevenzione e, attraverso la prevenzione, del mantenimento dello stato di salute, e se la definizione di Salute dell’OMS è: “Stato di benessere fisico, psichico e sociale”, anche l’azione di prevenzione dovrà tenerne conto. Pertanto, così come il Medico di Medicina Generale fa prevenzione delle malattie cardiovascolari, polmonari, metaboliche deve fare prevenzione anche di quelle mentali; sono anche queste “cronicità”. Ecco, allora, la necessità dell’interazione tra le due figure professionali. C’è poi la nuova condizione, recentemente registrata dall’OMS, la “Sindrome del Burn Out”; non è classificata come patologia psichiatrica e, quindi, verrebbe da chiedersi: chi la cura? Non potrebbe forse essere, competentemente, appannaggio del Medico di Medicina Generale, supportato dallo psicologo?
Bisogna dimostrare, secondo me, un più ampio respiro, guardare al futuro e cercare nuove sfide, scoprire nuovi orizzonti professionali. Questo deve fare, oggi, il moderno Medico di Medicina Generale, per riaffermare la propria specificità, in quanto unico medico, all’interno del SSN, che assicura una presa in cura globale, olistica, del paziente/persona; per dimostrare di possedere pieno titolo ad essere considerato e riconosciuto figura sanitaria centrale ed irrinunciabile, nell’ambito delle cure primarie sul territorio; cure che dovranno essere, e saranno, sempre più complesse e multidisciplinari.
Ora, nel timore che fondi destinati alla Medicina di Famiglia possano essere “stornati”, si sta compiendo l’errore di rigettare, pregiudizialmente, la possibilità di aprire un tavolo di confronto e di concertazione, per valutare i possibili vantaggi professionali che possono giungere da questa integrazione; confronto e concertazione che, a mio parere, se sviluppati con intelligenza e lungimiranza, possono dare grandi soddisfazioni, a tutti e sotto ogni aspetto. L’opinione pubblica ed il comune sentire stanno spingendo fortemente in questa direzione e chi amministra si sta dimostrando particolarmente aperto e disponibile; non “cogliere l’attimo” è un grave errore.
In Puglia, la mia regione, noi Mmg abbiamo, dal 2007, un Accordo Integrativo Regionale che, attraverso l’utilizzo dei fondi destinati al nostro comparto, permette l’assunzione oltre che dell’infermiere professionale e del collaboratore di studio, anche del fisioterapista e, addirittura, dell’ostetrica; la presenza di queste ultime due figure serve nei nostri studi? Perché è giusto, per la loro assunzione, l’utilizzo dei nostri fondi? Nessun dubbio sul fatto che il microteam debba potersi relazionare, nella cura della cronicità, con il fisioterapista, che però deve essere e rimanere “esterno” al microteam stesso ( e al suo finanziamento) e tanti dubbi e preclusioni, invece, per lo psicologo! Perché? Specie in considerazione di quel che si è detto finora e di tutte le evidenze esistenti.
Vorrei concludere suggerendo una riflessione. Sempre in Puglia, è stata promulgata una legge che prevede la presenza dello psicologo nelle scuole; mi chiedo: chi stabilirà chi è da sottoporre alle cure dello psicologo? Chi invierà uno studente o l’insegnante all’attenzione dello psicologo della scuola?
Studenti e insegnanti sono, loro pure, nostri assistiti; vuoi vedere, allora, che, mentre noi stiamo qui a preoccuparci del “task shifting” ad opera degli infermieri, finiremo per subirlo, senza accorgercene, paradossalmente, dai presidi.
Antonio Antonaci Medico di Medicina Generale Galatina (Lecce)